30 gennaio 2006

Import letale


Nell'imitazione dello stile di vita americano siamo i primi al mondo. Abbiamo importato qualunque prodotto, dalle basi nucleari alla festa di Halloween. Era maturo il tempo di adottare anche il suggestivo diritto di sparare a vista. Con la nuova legge però abbiamo superato il maestro. Come è accaduto ieri a Castelnuovo del Garda. Sono un consumatore di svariate merci made in Usa, una per tutte i telefilm del tenente Colombo. Ho amato il cinema e la letteratura americana. Rinuncio a comprendere la loro idolatria della proprietà privata che arriva a concedere il diritto di ammazzare chi viola un domicilio.

Riconosco il diritto di difendersi in casi di aggressione, in strada o in casa. Lo riconosco all'Iraq e lo riconosco a qualunque cittadino. Esiste il diritto alla legittima difesa. Ammetto la detenzione di un'arma da fuoco in casa, se questo serve a sentirsi più sicuro. Ma sparare è l'ultima cosa da fare, l'ultimo uso di quell'arnese. L'arma atomica è servita a mantenere a lungo un equilibrio tra minacce contrapposte, il suo uso era esattamente quello, puntare senza premere il grilletto. Così un'arma in casa serve da minaccia, può arrivare a un colpo in aria, ma per sparare addosso ci vogliono ragioni da guerra. Era sana e giusta la legge che richiedeva schiaccianti circostanze di pericolo per esercitare diritto di difesa. Bisognava dimostrarle perché uccidere non è atto di ritorsione proporzionato al furto.

Oggi basta la violazione di domicilio per garantire la licenza di abbattere l'intruso. Questo assegno in bianco fornito al privato cittadino incoraggia l'istinto della foresta. Siamo soli nella notte buia, ognuno provvede per sé. Questa legge è la dichiarazione d'impotenza da parte di uno stato dimissionario. Aumenta la soglia di pericolo della vita di ognuno, perché ne abbassa il valore: può essere uccisa con più leggerezza, con larga impunità, e con i complimenti dello stato. Quello che non viene concesso neanche alla forza pubblica, di sparare senza causa di forza maggiore, è invece autorizzato al singolo. E' la più pericolosa supplenza. Ognuno può nominarsi sceriffo di casa e appuntarsi una stella di latta sulla giacca. Per adeguare l'abbigliamento, a chi acquista due pistole (non si sa mai) viene dato in omaggio un cappello texano a larghe falde.

di Erri De Luca

29 gennaio 2006

La prima volta...

"E' la prima volta che vedo il tribunale da quest'angolazione!"
di Michel Kichka

28 gennaio 2006

Pubblicità solidale


Stamattina apro il giornale e mi imbatto in questa foto. La prima reazione è di disgusto e il mio stomaco inizia a gorgogliare, a protestare. Ma non tanto per il fatto che stessi leggendo seduto su di un autobus lanciato a velocità massima nonostante centinaia di curve. No. Non era mal d'auto(bus). Era proprio la foto. Anzi erano le facce.
Le facce di questi signori. Rispettivamente schierati da sinistra: Mr. Converse, Mr. Gap, Mr. Bono, Mr. American Express and Mr. Armani. Il motivo del bel quadretto? La nascita del marchio "Red" (una joint venture di questi marchi) i cui proventi serviranno per combattere l'Aids, la tubercolosi, e la povertà in Africa. Allora io mi pongo come al solito alcune domande:
  1. Perché in Africa ci sono due milioni di morti l'anno di Aids? I motivi sono diversi ma non è vero che il Wto impedisce la produzione di farmaci anti-HIV in Africa a costi minori (e quindi accessibili) lasciando l'esclusiva alle multinazioni di Stati Uniti e Europa?
  2. Perché le multinazionali, quali appunto Converse, Armani e Gap da un lato devolvono l'1% dei ricavi per (far finta di) combattere la povertà in Africa mentre dall'altro sfruttano migliaia di persone grazie alla delocalizzazione produttiva nel Sud del mondo?
  3. Perché Bono è convinto di poter salvare il mondo?
  4. Perché Bono è convinto che il commercio possa salvare l'Africa, quando invece rappresenta il primo problema dell'Africa?
  5. Perchè Bono non capisce che fa solo il gioco delle multinazionali e quindi contrario agli interessi dell'Africa? Forse lo capisce fin troppo bene...
  6. Ma Bono non faceva il cantante?

26 gennaio 2006

Killer Cola...


Tutto iniziò con una stoltezza. Ciò che venne dopo, gli scambi di persona, i coltelli, le armi, i 27 morti, la rabbia, il terrore, i funerali e le vendette, tutto derivò da quella stupidità. L'insensatezza è pericolosa perché, se si insiste, diventa malvagità. Questa è una storia lunga e scabrosa e va raccontata sin dall'inizio, quando nessuno avrebbe pensato che si sarebbe arrivati a tanto, per finire poi in nulla o addirittura in oblio.

La stupidità fu quella di John C. Trotter, titolare della concessione della Coca Cola in Guatemala. Chi volesse capire cos'è una multinazionale, dovrebbe provare a fare la pubblicità per una compagnia come la Coca Cola in un piccolo paese del Terzo mondo. Il famoso logo della bibita gasata ha un colore rosso acceso: se un giornale pubblica un inserto con quel logo e il colore non è esattamente quello voluto dalla prestigiosa compagnia nordamericana, non viene pagato, perché il marchio deve essere quel rosso e non uno simile. Ma queste sono sciocchezze in confronto a quello che stiamo per raccontare.

I lavoratori della Coca Cola in Guatemala non avevano un sindacato e Trotter odiava quel tipo di organizzazioni, perché gli sembravano retaggio del comunismo, dottrina che il padrone odiava con tutta la sua anima. Ma una sua idea fece nascere il sindacato e in questa vicenda si può constatare come un'azione capziosa può rivoltarsi contro il furbo che la propone.

Il signor Trotter riteneva che ormai i suoi dipendenti avessero accumulato troppa anzianità e che, in caso di licenziamento, avrebbero avuto diritto a troppi soldi, quindi decise di licenziare in tronco tutti i suoi dipendenti e il giorno dopo li riassunse. Con questa mossa, quella volpe di Trotter aveva azzerato l'anzianità di tutti. Ma commise l'errore di non prendere in considerazione il fatto che la sopportazione della gente arriva fino a un certo punto. Il conflitto infatti esplode spesso per motivazioni banali. I lavoratori avevano deciso infatti di formare un sindacato e di proporre alla multinazionale un negoziato: «Un negoziato? Ma cosa si credono questi analfabeti?», reagì Trotter, e li mandò tutti al diavolo. Il tira e molla fra padrone e operai durò due anni; alla fine, nel 1976, la fabbrica venne occupata e i titolari decisero di chiamare la polizia che intervenne con decisione: quattordici operai finirono in ospedale e dodici in galera. Era solo l'inizio. Questi atti di resistenza finivano sempre con un episodio violento. Sembravano fatti isolati, sporadici, e invece erano legati l'uno all'altro, in una catena che sarebbe stata senza fine.

Gli autisti, i facchini, i venditori ambulanti non mollarono e a quel punto i dirigenti della Coca Cola decisero di passare alle maniere forti e di rivolgersi direttamente al capo della polizia, il colonnello Germán Chupina Barahona, famoso per cinismo e crudeltà. Alcuni membri delle forze di sicurezza dello stato furono allora nominati capo del personale, capo magazziniere e capo controllo della fabbrica, trasformando l'industria in una grande caserma. I lavoratori si spaventarono, ma insistettero ugualmente nelle loro rivendicazioni. D'altro canto, cosa potevano fare, se non ribadire di avere ragione?

Fu così che si giunse al primo attentato. Il 10 febbraio 1977, due membri del sindacato, Àngel Villegas e Oscar Sarti vennero colpiti da una sventagliata di mitra mentre andavano verso la fabbrica. Salvarono la pelle, ma rimasero feriti. Pochi giorni dopo, il 2 marzo, i consulenti giuridici del sindacato, Gloria de la Vega e Enrique Torres, furono feriti in un secondo attentato. Dopo l'avvertimento decisero di rifugiarsi in esilio.

La schizofrenia della situazione era notevole: mentre all'interno della fabbrica si minacciava, si sparava, si viveva nel terrore, all'esterno la Coca Cola ostentava un'immagine idilliaca, continuando a vendere e a pubblicizzare il prodotto come se fosse altra cosa e non la causa scatenante del conflitto. Nella pubblicità bellissimi ragazzi di tutto il mondo cantavano motivi orecchiabili («We are the world...»), basi musicali degli slogan felici della bibita gassata: «La chispa de la vida» («la scintilla della vita»). E come si poteva bere un buon Cuba Libre senza Coca Cola?

Nel febbraio del 1978 si arrivò alla firma del patto collettivo, ma questa vittoria apparente si tramutò, in realtà, in una sconfitta.

Il terzo attentato infatti fu mortale: il 12 dicembre 1978 Pedro Quevedo, il primo segretario del sindacato, venne assassinato. Ignoti armati lo uccisero mentre, nella cabina del suo camion distributore di bibite, attendeva un altro collega per scaricare la merce. Era un chiaro segnale, ma ci fu un coraggioso che accettò di succedere nell'incarico a Quevedo.

Si chiamava Israel Márquez e dimostrò di avere più vite di un gatto: scampò senza un graffio ad una prima imboscata e dovette vivere in semiclandestinità, perché gli squadroni della morte lo braccavano per farlo fuori. Dormiva ogni sera in case diverse e in un secondo attentato un altro compagno, di nome Moscoso, morì al suo posto. La moglie, Gladys Castillo, rimase gravemente ferita e a quel punto, poiché degli innocenti incominciavano a pagare per lui, Márquez decise di andare in esilio. Gli successe Manuel López Balam.

Il sesto attentato (Márquez ne aveva subiti due) fu messo in atto il 5 aprile 1979. Come Márquez e Quevedo, López Balam era l'autista di un camion. Fu sgozzato sul posto di guida e al suo corpo furono inferte 17 coltellate. A quel punto era chiaro che essere segretario del sindacato della Coca Cola significava automaticamente diventare un uomo morto. Ma ci sono momenti in cui, quando qualcuno viene chiamato a rappresentare gli altri, anche se ciò può costare la vita, si sceglie ugualmente di accettare questo rischio, perché il tirarsi indietro è lontano dalla propria natura. Così Marlon Mendizábal accettò di essere eletto successore di López Balam.

A quel punto si perse il conto degli attentati: il 1ý maggio 1980, furono sequestrati Ricardo García e Arnulfo Gómez. Il cadavere di Ricardo apparve poco dopo a 100 chilometri dalla capitale orrendamente mutilato insieme a quello di Arnulfo, trovato non molto lontano dal suo amico. Nello stesso mese, uguale sorte toccò a René Reyes, un altro sindacalista. Il terrore ormai incombeva sui lavoratori della fabbrica.
L'attentato contro Marlon Mendizábal, il nuovo segretario del sindacato, fu solo uno dei tanti: il 27 maggio 1980 Mendizábal uscì dal lavoro per prendere l'autobus quando una raffica di mitra lo crivellò sul marciapiede con 45 pallottole in corpo. Fu eletto suo successore Mercedes Gómez. Naturalmente, anche lui aveva i giorni contati, ma si salvò per un banale scambio di cappelli. Gómez, infatti, aveva regalato il suo a un amico, Edgar Aldana, che fu catturato, torturato e ucciso al suo posto. Uno scambio di sombreri lo aveva risparmiato. Quel giorno crudele era un sabato. Quando vennero a sapere del rapimento di Aldana, i dirigenti sindacali a livello nazionale decisero di riunirsi nel pomeriggio. Quello che stava succedendo alla Coca Cola era troppo, anche se, va ricordato, il resto del paese non se la stava passando meglio. Quel 27 maggio `80 si riunirono i 27 membri della Confederazione nazionale del lavoro per discutere il caso: furono sequestrati tutti, torturati e uccisi. A quel punto, non ci fu più sindacato né della Coca Cola, né di nessun'altra fabbrica. Era prevalsa la soluzione più radicale, la soluzione finale. La fine del sindacato della Coca Cola, senza contare i 27 leader nazionali, era costata 8 dirigenti morti, due scomparsi e sei feriti, anche se bisogna ricordare anche che i guerriglieri delle Far avevano ucciso per vendetta il capo del personale e un militare in pensione di nome Francisco Javier Rodas. Nel frattempo in Guatemala, ora che dicono sia tornata la democrazia, questi delitti sono ancora impuniti. In compenso si continua a bere la famosa bibita, la cui formula è conservata nel più rigoroso segreto. Si dice che la Coca Cola sia capace di sciogliere una monetina se la si immerge per una notte in un bicchiere di questa bibita, oppure che contenga qualche misteriosa droga. Certo fa dei bellissimi spot pubblicitari, con l'accattivante slogan: «La scintilla della vita!». Come ironia macabra non c'è male.
di Dante Liano, guatemalteco, docente di letteratura ispanoamericana all'Università Cattolica di Milano

25 gennaio 2006

24 gennaio 2006

E' tornato...


Sono da poco a casa dopo aver visto l'anteprima di "Come uccidere causando inutili sofferenze". Il monologo del comico romagnolo a differenza di "Bollito misto con mostarda" del 2004 è stato meno politico, ma ugualmente intenso ed esilarante. Stavolta Luttazzi è impegnato in un viaggio in Iraq per far visita ed allietare i soldati italiani accompagnato da personaggi quali Raul Bova, Aida Yespica, Manuela Arcuri, Giancarlo Giannini e Alena Seredova...il resto non si può descrivere, bisogna vederlo...

23 gennaio 2006

Scuola a Pezzi


Si parla tanto di fuga dei cervelli in Italia, ma purtroppo della fuga dal cervello che la scuola impone, non ne parla mai nessuno. Troppo spesso la scuola produce idiozia invece di sapienza e forse è un poco anche per questo che fuori dalla scuola tutti i ragazzi sonon dominati dalla paura di non trovare lavoro? E' inutile nasconderci che in Italia la motivazione principale nella ricerca del lavoro è ancora il posto fisso; in altri Paesi, invece, un giovane aspira alla soddisfazione professionale, oppure a un buon rapporto di crescita con colleghi e superiori. Da noi la scuola fa una formazione spesso inadatta e un giovane, quando poi si affaccia al mondo del lavoro, ha già la pretesa di essere preparato; insomma non concepisce più l'idea di lavorare per imparare, ma solo quella del lavorare per fare carriera e guadagnare. Ma senza un'adeguata preparazione ad affrontare la vita reale ci si scopre insicuri e quindi si invoca, si sostiene e si ingigantisce un sistema di protezione: l'associazionalismo, il sindacalismo, il clientelismo e le raccomandazioni. Si fa tutto al fine di tutelare i propri diritti e il proprio posto fisso, continuando così ad adattare il mondo alle nostre mancanze per evitare di metterci in discussione. Il problema di una maggiore responsabilità individuale è forse il più grave. Su questo s'innesca una reazione a catena che fa del nostro Paese il mondo dei nemici invisibili. Tutti sono disposti a indicare il problema in tutto ciò che è fuori, ma nessuno s'interroga seriamente sulle proprie defezioni. Si enfatizzano i diritti sui doveri e nessuno, neanche i cosiddetti democratici, ha mai interiorizzato la massima famosa di John F. Kennedy: "Non chiedere cosa l'America può fare per te, ma chiediti cosa tu puoi fare per l'America". L'alveo di questa deflessione culturale è proprio la scuola. E' la scuola, quindi, che dovrebbe aiutare la formazione di una più efficace coscienza critica. E' necessario che siano proprio gli insegnanti ad aiutare la lettura della società. Purtroppo però le loro mille frustrazioni diventano un caleidoscopio che filtra l'oggettività e pre-orienta al fallimento i giovani. La pedagogia non può essere sana se chi è chiamato a insegnare è esso stesso un fallito. Essere insegnante può essere un mestiere? Si può fare il maestro senza avere mai provato di saper fare?
di Andrea Pezzi da "Il Sole 24 Ore"

21 gennaio 2006

Uno schiaffo a Berlusconi

Non sarà certo stata sua intenzione ma resta il fatto che il neo governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, pur senza volerlo, ha dato un sonoro schiaffo morale al presidente del consiglio, Silvio Berlusconi. L'apprezzabile decisione, inedita nel nostro paese e da nessuno richiesta, di cedere le azioni della Goldman Sachs in suo possesso a un blind trust, in modo da evitare il conflitto d'interessi che ne sarebbe derivato dalla sua nomina a governatore, oltre a mostrare un certo stile dell'uomo chiamato a guidare la Banca d'Italia, è di per sé un modo per ricordare agli italiani che c'è un'altra importante istituzione, la presidenza del consiglio, abitata da un signore che invece, con una tracotanza che si è trasformata in questi giorni nell'occupazione dei mezzi di comunicazione, incarna il conflitto d'interessi e non ha alcuna intenzione di risolverlo. Come osservava ieri Dario Di Vico sulla prima pagina de il Corriere della Sera «il nostro presidente del consiglio in dodici anni di attività politica non è riuscito a fare» quello che ha fatto il governatore Mario Draghi dopo 48 ore dal suo insediamento. Altro che conflitto di interesse dei Ds nel caso Unipol. Con il governo di Silvio Berlusconi questa malattia che ammorba l'intero sistema capitalistico a occidente come a oriente si è elevata a sistema. In una delle tante esternazioni televisive il presidente del consiglio ha replicato che per quanto lo riguarda c'è una legge che regola il conflitto d'interesse ma tutti quelli che non sono in mala fede sanno che si tratta di una legge-bufala perché separando la gestione dalla proprietà non impone a nessuno e tanto meno a Berlusconi di fare quello che spontaneamente ha fatto il governatore. Tra l'altro, come sostiene nell'intervista accanto il professore dell'Università Bocconi, Stefano Caselli, il conflitto d'interesse non è un problema legato solo all'ambito finanziario, ma anche politico, economico, amministrativo, e il nostro amato presidente del consiglio, come tutti sanno, è tutte quelle cose messe assieme. Ma di Mario Draghi, oltre allo stile, gli manca la sensibilità istituzionale.Una mancata sensibilità che, se non vogliamo cadere nell'ingenuità, non è un capriccio ma è strettamente legata agli interessi economici e materiali che il capo del governo vuole difendere con una ammirevole ostinazione. Il nostro capo di governo è il presidente del consiglio più filo americano d'Europa ma quando si tratta di applicare quei sistemi, come il blind trust, a cui si devono sottomettere i presidenti americani e gli anglosassoni, anche gli amici americani diventano dei pericolosi sovversivi, forse dei comunisti.

di Bruno Perini da "Il manifesto"


20 gennaio 2006

Esclusi

Il brasiliano Lula era un metalmeccanico, i genitori del venezuelano Chávez facevano i maestri in un villaggio, il boliviano Morales è un indigeno e faceva il cocalero, la cilena Bachelet è una donna. Se c'è un tratto comune in questi leader di sinistra, pure diversissimi tra loro, è che appartengono a strati di popolazione fino a oggi esclusi dal potere per ragioni etniche, economiche, di genere. Ma c'è un altro comun denominatore, ed è la forte critica agli Stati Uniti di George W. Bush. L'economista statunitense John Perkins spiega che grazie a internet, ai cellulari e alla tv via satellite, sempre più persone imparano alcuni fatti elementari. Per esempio che il 40 per cento del mercato del caffè è nelle mani solo di quattro società o che delle cento più grandi economie del mondo, 51 sono aziende, di cui 47 statunitensi. Il 2006 è anno di elezioni, in America Latina e in Europa. Vedremo se anche qui nascerà una Bachelet o un Morales.

di Giovanni De Mauro da "Internazionale"

Il Sole


E' praticamente da settimane che aspettavo questo pomeriggio. E precisamente da quando un'occhiata distratta ad una piccola locandina affissa non mi ricordo dove mi aveva fatto tornare sui miei passi..."I giovedì d'autore" era il titolo. Ma in verità la responsabiltà della mia inversione a U non era da attribuire al titolo. No. Della minuscola locandina a colpirmi era stato uno dei tre giovedì che il cinema di Chieti dedicava a film meno pubblicizzati, meno conosciuti ma non per questo meno belli rispetto alle produzioni americane. Per l'esattezza giovedì 19 gennaio. Che da quel momento per me voleva dire "Il Sole" di Aleksandr Sokurov. Ne avevo sentito parlare su molti giornali dove le recensioni erano state del tutto avare nei confronti dell'ultima opera del regista russo. "Il Sole" arrivava dopo "Moloch" e "Toro" e rappresentava il terzo capitolo di una tetralogia "dedicata" al potere assoluto. Dopo Hitler e Lenin era la volta di Hiroito. L'attesa se non spasmodica era piena di curiosità. Almeno per me. Visto che chi mi accompagnava, la mia ragazza, non pareva essere entusiasta della cosa. E in effetti non aveva tutti i torti. Infatti le mie aspettative sono rimaste in parte deluse forse. Soprattutto per la lentezza che caratterizza tutti i 107 minuti. Nonostante ciò non si può dire assolutamente che sia un brutto film. Mi ha fatto e mi fa riflettere. Sul potere. Sul potere di un monarca considerato divinità. Sulla tradizione giapponese tanto affascinante quanto chiusa. Sulla devozione di un popolo che muore per il suo imperatore. Sicuramente non impeccabile. Ma da vedere.Voto:7+

19 gennaio 2006

Dov'è Bob?



Il presidente George Bush vuole aumentare la sua popolarità.
Arriva in una scuola elementare e spiega il suo piano di governo.
Chiede nel frattempo che i bambini facciano delle domande.

Il piccolo Bob chiede la parola: "Signore, ho tre domande:
  1. Perché perdendo le votazioni alle urne Lei ha vinto le elezioni?
  2. Perché desidera attaccare l'Iraq senza motivo?
  3. Lei non pensa che la bomba di Hiroshima fu il peggior attacco terroristico della storia?
In quel momento suona la campanella dell'intervallo e tutti gli alunni escono dall'aula. Al ritorno, Bush Invita nuovamente i bambini a fare delle domande e Joey gli chiede: "Ho cinque domande da farle:
  1. Perché perdendo le votazioni alle urne Lei ha vinto le elezioni?
  2. Perché desidera attaccare l'Iraq senza motivo?
  3. Lei non pensa che la bomba di Hiroshima fu il peggior attacco terroristico della storia?
  4. Perché la campanella dell'intervallo ha suonato 20 minuti prima?
  5. Dov'è Bob?

18 gennaio 2006

Americani? Brava gente...

E' di questi giorni la notizia che il Governo Bush ha finalmente riconosciuto l'utilizzo di armi chimiche sulla città irachena di Falluja l'8 novembre 2004. Ma gli Stati Uniti non sono nuovi a questo tipo di "imprese". Basta ricordarsi dell'uranio impoverito usato in Afghanistan, Serbia, Kosovo oltre che nelle due Guerre del Golfo. Le conseguenze di queste vere e proprie azioni criminali si possono riscontrare oggi in Vietnam dove tra il 1961 e il 1971 l'esercito americano ha sparso circa 77 milioni di litri di defolianti (tra cui in maniera massiccia l'agente arancio) e 400 kg di diossina con l'obiettivo di radere al suolo la vegetazione per "stanare" i vietcong e di distruggere i raccolti per affamare popolazione e combattenti. Circa 2,6 milioni di ettari sono stati contaminati ovvero il 10% della superficie vietnamita. L'utilizzo della diossina ha causato (e continua a farlo) morti, gravi patologie e malformazioni alla nascita. Non solo. Le famiglie con un membro handicappato hanno redditi molto più bassi delle famiglie non colpite e devono sostenere spese mediche superiori del 30% alla norma. La prepotenza degli Stati Uniti è iniziata nel 1980 con il massacro di 300 indiani Lakota a Wounded Knee, dura da più di un secolo e non se ne vede la fine. Non oso immaginare a quanto possa ammontare il numero delle vittime civili nelle guerre degli americani proclamate prima contro il comunismo e poi al terrorismo. Ma in realtà come dice Noam Chomsky ("Tutti si preoccupano di come possiamo fermare il terrorismo.Bene, c'è un modo semplicissimo per riuscirci: smettere di praticarlo.") i veri terroristi sono gli americani stessi e quindi come tali andrebbero processati. Proprio come andrebbe processato Mario Lozano il soldato che il 4 marzo 2004 uccise Nicola Calipari.

17 gennaio 2006

Le primarie che voglio


Le primarie che voglio sono quelle di Milano, se ci saranno quelle di Napoli, oppure quelle passate in Puglia e perchè no anche quelle di Chieti. Le primarie che non voglio sono quelle false di Prodi e company dove si fa credere alla gente di poter scegliere, di poter contare qualcosa. Io non mi sento affatto rappresentato dal centrosinistra attuale e molto probabilmente neanche da quello che (forse) andrà al Governo. E sinceramente, se non fosse che la mattina del 9 Aprile mi alzerò con l'intento di votare per mandare a case il Nano e soci, preferirei votare scheda bianca (come suggerisce Saramago in "Saggio sulla lucidità") per dire: "Quello che mi proponete non mi piace, ma da cittadino cosciente dei miei doveri sono venuto quì a dirvelo.La mia scheda bianca significa che questo sistema non mi piace".Io mi sento rappresentato da persone che ragionano con logica veramente di sinistra e che vogliono cambiare veramente le cose. Un'esempio è (per me) Dario Fo a Milano (che in vista delle primarie del 29 Gennaio è dato addirittura al 43%) la cui campagna sta entrando nel vivo in questi giorni, supportato peraltro dai vari Grillo, Toscani, Benni, Saramago etc., anche e soprattutto sul web. Un'altro è Marco Rossi Doria a Napoli. Dove in seguito al ripensamento della Iervolino in pochi hanno esultato.

16 gennaio 2006

Salò 3-La sconfitta, il campionato "Amorale Politica" e il Nano di Arcore/2

Veder approvato il disegno di legge n. 2244 sarebbe stato troppo anche per il mio giovane cuore...per fortuna al senato si sono resi conto dell'autentica follia proposta da Fini e "compagni" (si fa per dire). La cosa che però continua a preoccuparmi e ad indignarmi allo stesso tempo è il risalto mediatico che ha avuto questo fatto. Praticamente pari a zero. Ormai si parla solo di Unipol e compagnia bella. Tra l'altro facendo gli interessi di quella vergogna nazionale rappresentata ormai dal nostro (vostro) Capo del Governo che in questi giorni sta usando ogni mezzo a sua disposizione per screditare i DS e far capire a tutti gli italiani che Forza Italia non è l'unico partito italiano "sporco", ma che in realtà questo trova a conterdersi la leadership del campionato "Amorale Politica 2005/2006" proprio con il partito rosso, distaccato solo di pochi punti da FI (in vantaggio) grazie ai gol dell'attaccante straniero (padano) Devolution e dell'ala metodista incontrista, reduce peraltro da un lungo infortunio e da una dolorosa riabilitazione, Ex Cirielli.I democratici di sinistra, al fine di accorciare il distacco dalla capolista, hanno messo in campo l'ultimo acquisto Giovanni Consorte, bomber di razza che ha assicurato alla squadra di capitan Fassino una striscia di vittorie di ben cinque partite consecutive.Siamo solo all'inizio del girone di ritorno ed il campionato si prospetta lungo e pieno di colpi di scena...
Lasciando da parte per un attimo lo sport fatemi dire che quello che sta facendo il Nano, ovvero dire che in fondo in fondo i politici sono tutti uguali, è qualcosa di spaventoso ed inaccettabile che dovrebbe far scatenare una rivolta di massa.

15 gennaio 2006

Il Kenya brucia

Ancora distratti da banche, nani,magistrati e cooperative rosse non ci accorgiamo di questioni "leggermente" più serie...

Sotto il sole cocente del mezzogiorno, nel remoto e arido nordest del Kenya, distretto di Garissa, la signora Ambiya Abdi sta sul bordo della strada, con una bottiglia di plastica vuota, nella speranza di ottenere dell'acqua dai pochi veicoli che passano. Spiega che ha camminato 120 chilometri in cerca d'acqua, e ha visto le sue bestie morire una ad una di fame. «Mio marito, i miei sei figli e io abbiamo camminato in ogni direzione in cerca di acqua e di pascoli, ma non abbiamo trovato nulla», dice indicando attorno a lei la terra disseccata. «Abbiamo perso cento mucche e i miei figli stanno male, ora che non abbiamo più il latte». Il governo del Kenya stima che la mancanza di piogge, ormai da tre anni consecutivi, abbia spinto due milioni e mezzo di persone sull'orlo della fame. E' la peggiore siccità mai registrata. Il 2 gennaio, nel suo discorso alla nazione per il nuovo anno, il presidente Mwai Kibaki ha proclamato lo stato di «disastro nazionale» nelle zone colpite, e aveva valutato in 11 miliardi di scellini (153 milioni di dollari) il costo di provvedere assistenza alla popolazione colpita. Le regioni più colpite sono il nord-est e il nord del paese. Altri paesi vicini, in particolare Somalia ed Etiopia, sono pure colpiti, con 6 milioni di persone vicine all'inedia, dicono le agenzie umanitarie delle Nazioni unite. E anche in Kenya, dopo i primi monitoraggio sul campo, le agenzie dell'Onu e le autorità dicono che potrebbero essere fino a tre milioni le persone che hanno urgente necessità di cibo, quasi il 10 percento della popolazione.

Nel distretto di Garissa le autorità dicono che le persone bisognose di aiuti d'emergenza sono almeno il triplo di quelli che ricevono qualche assistenza. «Stiamo distribuendo cibo a 53mila persone, su una popolazione distrettuale di 385mila, ma vediamo che almeno 150mila persone ne avrebbero bisogno», dice Ahmed Mohamed Farah della Arid Lands Resource Management Project. Migliaia di pecore, capre e bovini sono pure morti, le mucche spesso crepano mangiando erbe velenose nel disperato tentativo di nutrirsi, dicono le autorità. Perfino i cammelli, più attrezzati al clima arido, cominciano a morire. E le organizzazioni umanitarie dicono che altri distretti sono messi anche peggio di questo.

La Federazione internazionale della Croce rossa e Mezzaluna rossa ha annunciato il 2 gennaio di aver stanziato 326mila dollari dal suo fondo per le emergenze per i primi aiuti alla popolazione kenyota colpita dalla siccità, e a fare un sopralluogo sui bisogni più urgenti. Due giorni fa poi il governo di Nairobi ha annunciato che comprerà tutti gli stock di mais prodotti nelle altre zone del paese, per far fronte alla carestia nei prossimi mesi. Il governo annuncia di aver dato incarico all'esercito di trasportare granaglie e acqua nelle zone disastrate. Tra i bisogni essenziali, oltre a distribuire cibo e acqua per le persone e il bestiame, elenca l'assistenza sanitaria, l'istruzione, e aiuti per ricostituire le mandrie e distribuire sementi ai contadini perché possano affrontare la prossima stagione agricola - nella speranza che la siccità finisca.

Al bivio tra Balambala e Modogashe, a una sessantina di chilometri dalla città di Garissa, un gruppo di madri con bambini infanti dicono che in mancanza di latte e carne devono dare ai bambini il tè. A peggiorare le cose, gli aiuti stanno arrivando con il contagocce dai donatori internazionali, mentre la burocrazia governativa rallenta la distribuzione del cibo a livello dei distretti e ci sono enormi difficoltà logistiche nel portare gli aiuti alimentari nelle zone più remote e inaccessibili. Così tra i nomadi, che vivono incrociando nelle pianure aride seguendo l'acqua e i pascoli per il bestiame, nessuno si aspetta grande aiuto dal governo o da nessun altro. «Preghiamo che dio ci aiuti», dice Suleiman Ibrahim, pastore di 36 anni: anche lui ha camminato fino alle vicinanze di Garissa, e ha perso 15 mucche: «Tutti ci hanno dimenticato».

Dalla rubrica TERRA TERRA de "Il manifesto"

Salò 2-La vendetta

Distratti da banche, nani, magistrati e cooperative rosse al Senato pochi giorni fa è approdata una legge (voluta dalla destra naturalmente) che equipara partigiani e repubblichini, questi ultimi considerati come "militari belligeranti" che lottarono per un'ideale.Due domande sorgono spontanee:
  1. Ma è ancora vero che la Repubblica Italiana nasce dall'antifascismo?
  2. Ma i partigiani sono ancora quelli che hanno fatto la "resistenza" o sono stati i "ragazzi di Salò" a farla?
A questo punto io ho le idee un pò confuse e mi pongo altre domande?
  1. Ma non è che la destra vuole riscrivere la storia (in pratica come Vespa)?
  2. Oppure vuole soltanto riabilitare persone che hanno compiuto massacri e torture seguendo esattamente l'ideale opposto dei partigiani?
Continuo a non avere le idee chiare...per fortuna che c'è Tabucchi.Anche quello tecnologico.

11 gennaio 2006

Morale politica

Riporto alcuni passaggi dell'articolo di Giovanni De Luna pubblicato stamani da "Il manifesto":
"Va bene, può darsi che oggi tra destra e sinistra non ci siano differenze sul piano morale e che parlare di una superiorità etica della sinistra sia una operazione ipocrita e truffaldina. Ma è certamente sbagliato (come ha fatto il mio vecchio compagno Marco Boato) proiettare a ritroso nel tempo questo giudizio. Almeno nella autorappresentazione di chi sceglieva di "essere a sinistra" la superiorità etica del proprio schieramento era un dato indiscusso. Per restare alla generazione mia e di Boato, non solo disprezzavamo moralmente l'elettorato di destra, ma estendevamo questo giudizio impietoso ai nostri affetti familiari più cari, ai nostri genitori, guardando agli affanni del loro mestiere di vivere con la spietata intransigenza della nostra giovinezza incorrotta. Diventavamo di sinistra non perchè avevamo letto Marx ma perchè pensavamo che i democristiani rubavano, che i nostri padri erano avviliti dai compromessi, schiacciati dalla raccomandazione, irretiti dalle regole di un perbanismo ipocrita e formalista. E prima ancora, quando nel luglio '60 scesero in piazza i giovani delle "magliette a strisce", lo fecero, come scrisse allora Passato e presente, "per lottare contro la cancrena diffusa nell'organizzazione sociale e politica attraverso l'insolente furfanteria dei politicanti, la corruzione del sottogoverno, la grettezza bigotta della censura, la tracotanza padronale nella fabbrica, l'avvilimento della scuola, l'istituto della raccomandazione sostituto al diritto al lavoro, la retorica nazionalistica sciorinata a coprire le piaghe sociali". Allora era così: si diventava di destra perchè ci si riconosceva in valori quali l'obbedienza, la disciplina, l'ordine ,la patria ,la famiglia, una moralità bigotta e sessuofobica ,l'ordine militaresco portato nella vita civile; si diventava di sinistra per rompere con gli impacci del familismo anormale, con i vizi di una tradizione impastata di opportunismo, trasformismo, un concetto sentimental-servile di legittimazione del potere."
Bisognerebbe chiedere ai rappresentanti del centro sinistra dov'è andata a finire la morale politica...

10 gennaio 2006

Intel Inside Mac


Apprendo con giubilo la notizia dell'acquisizione da parte della Apple dei processori Intel...Le previsioni sono entusiastiche:iMac da due a tre volte più veloci allo stesso prezzo!!!Inoltre al MacWorldExpò di questi giorni Steve Jobs, spavaldo, ha annunciato “la liberazione” dei chip Intel, “costretti per anni a compiere noiose, piccole operazioni dentro a noiose, piccole scatole». I personal computer Windows.Direi un ottimo inizio.

Il Nano di Arcore


Il nove Gennaio del Duemilasei è una di quelle date da segnarsele sul calendario.Perchè?Perchè il nano di Arcore ne ha sparata una COLOSSALE:"Io sono l'esempio della separazione tra politica e finanza".
Devo dire la verità che inizia a darmi fastidio prendermela sempre con Lui, ma è più forte di me.E poi se le spara così grosse non è solo colpa mia.Insomma di gente fuori di testa al mondo c'è ne davvero tanta ma lui li supera tutti, se non fosse per la straordinaria capacità che ha di amministrare la "Cosa privata".Ebbene si.Una volta c'era la "Cosa pubblica".Lui l'ha cancellata.Come il falso in bilancio e la Costituzione.
In fondo è inutile rinfacciargli tutte le Sue pendenze con la giustizia (ma ho seri dubbi che qualcuno lo faccia fino a quando ci sarà il Vespa di turno) proprio riguardanti cosine come tangenti, corruzione che evidentemente secondo Lui non riguardano la finanza...BAH!

Il PRIMO POST

Il primo post è sempre il primo post.E' come una dichiarazione di intenti.E' come stilare un programma da attuare, cosa peraltro difficile (chiedetelo alla sinistra).E' come un proemio, parte fondamentale di un'opera.Ma questo non è un poema ed io non sono Omero,quindi...
Quindi questo vuole essere un blog dove riportare le mie impressioni su quello che accade nel mondo e le mie esperienze di studente emigrato a Bologna.