23 gennaio 2006

Scuola a Pezzi


Si parla tanto di fuga dei cervelli in Italia, ma purtroppo della fuga dal cervello che la scuola impone, non ne parla mai nessuno. Troppo spesso la scuola produce idiozia invece di sapienza e forse è un poco anche per questo che fuori dalla scuola tutti i ragazzi sonon dominati dalla paura di non trovare lavoro? E' inutile nasconderci che in Italia la motivazione principale nella ricerca del lavoro è ancora il posto fisso; in altri Paesi, invece, un giovane aspira alla soddisfazione professionale, oppure a un buon rapporto di crescita con colleghi e superiori. Da noi la scuola fa una formazione spesso inadatta e un giovane, quando poi si affaccia al mondo del lavoro, ha già la pretesa di essere preparato; insomma non concepisce più l'idea di lavorare per imparare, ma solo quella del lavorare per fare carriera e guadagnare. Ma senza un'adeguata preparazione ad affrontare la vita reale ci si scopre insicuri e quindi si invoca, si sostiene e si ingigantisce un sistema di protezione: l'associazionalismo, il sindacalismo, il clientelismo e le raccomandazioni. Si fa tutto al fine di tutelare i propri diritti e il proprio posto fisso, continuando così ad adattare il mondo alle nostre mancanze per evitare di metterci in discussione. Il problema di una maggiore responsabilità individuale è forse il più grave. Su questo s'innesca una reazione a catena che fa del nostro Paese il mondo dei nemici invisibili. Tutti sono disposti a indicare il problema in tutto ciò che è fuori, ma nessuno s'interroga seriamente sulle proprie defezioni. Si enfatizzano i diritti sui doveri e nessuno, neanche i cosiddetti democratici, ha mai interiorizzato la massima famosa di John F. Kennedy: "Non chiedere cosa l'America può fare per te, ma chiediti cosa tu puoi fare per l'America". L'alveo di questa deflessione culturale è proprio la scuola. E' la scuola, quindi, che dovrebbe aiutare la formazione di una più efficace coscienza critica. E' necessario che siano proprio gli insegnanti ad aiutare la lettura della società. Purtroppo però le loro mille frustrazioni diventano un caleidoscopio che filtra l'oggettività e pre-orienta al fallimento i giovani. La pedagogia non può essere sana se chi è chiamato a insegnare è esso stesso un fallito. Essere insegnante può essere un mestiere? Si può fare il maestro senza avere mai provato di saper fare?
di Andrea Pezzi da "Il Sole 24 Ore"

2 commenti:

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)