21 gennaio 2006

Uno schiaffo a Berlusconi

Non sarà certo stata sua intenzione ma resta il fatto che il neo governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, pur senza volerlo, ha dato un sonoro schiaffo morale al presidente del consiglio, Silvio Berlusconi. L'apprezzabile decisione, inedita nel nostro paese e da nessuno richiesta, di cedere le azioni della Goldman Sachs in suo possesso a un blind trust, in modo da evitare il conflitto d'interessi che ne sarebbe derivato dalla sua nomina a governatore, oltre a mostrare un certo stile dell'uomo chiamato a guidare la Banca d'Italia, è di per sé un modo per ricordare agli italiani che c'è un'altra importante istituzione, la presidenza del consiglio, abitata da un signore che invece, con una tracotanza che si è trasformata in questi giorni nell'occupazione dei mezzi di comunicazione, incarna il conflitto d'interessi e non ha alcuna intenzione di risolverlo. Come osservava ieri Dario Di Vico sulla prima pagina de il Corriere della Sera «il nostro presidente del consiglio in dodici anni di attività politica non è riuscito a fare» quello che ha fatto il governatore Mario Draghi dopo 48 ore dal suo insediamento. Altro che conflitto di interesse dei Ds nel caso Unipol. Con il governo di Silvio Berlusconi questa malattia che ammorba l'intero sistema capitalistico a occidente come a oriente si è elevata a sistema. In una delle tante esternazioni televisive il presidente del consiglio ha replicato che per quanto lo riguarda c'è una legge che regola il conflitto d'interesse ma tutti quelli che non sono in mala fede sanno che si tratta di una legge-bufala perché separando la gestione dalla proprietà non impone a nessuno e tanto meno a Berlusconi di fare quello che spontaneamente ha fatto il governatore. Tra l'altro, come sostiene nell'intervista accanto il professore dell'Università Bocconi, Stefano Caselli, il conflitto d'interesse non è un problema legato solo all'ambito finanziario, ma anche politico, economico, amministrativo, e il nostro amato presidente del consiglio, come tutti sanno, è tutte quelle cose messe assieme. Ma di Mario Draghi, oltre allo stile, gli manca la sensibilità istituzionale.Una mancata sensibilità che, se non vogliamo cadere nell'ingenuità, non è un capriccio ma è strettamente legata agli interessi economici e materiali che il capo del governo vuole difendere con una ammirevole ostinazione. Il nostro capo di governo è il presidente del consiglio più filo americano d'Europa ma quando si tratta di applicare quei sistemi, come il blind trust, a cui si devono sottomettere i presidenti americani e gli anglosassoni, anche gli amici americani diventano dei pericolosi sovversivi, forse dei comunisti.

di Bruno Perini da "Il manifesto"


1 commento:

Anonimo ha detto...

Ho scoperto per caso il tuo blog e quello di Giuliana. Saluti da CHIETI! ;)